lunedì 19 marzo 2018

mercoledì 8 ottobre 2014

Polly

POLLY

Non amo vedere i pesci rossi chiusi nelle loro bocce di cristallo.
Si muovono pigramente avanti e indietro, si buttano voracemente sul cibo per poi reimmergersi e ripercorrere migliaia di volte gli stessi giri, chiusi, bloccati, imprigionati, annoiati, apatici.
Mi contagiano con la loro tristezza!
Sono attratto dagli acquari variopinti, ricchi di pesci multicolore che si muovono in banchi, in scenari luminosi e suggestivi.
Un giorno, trovato un acquario in cantina, ereditato da un vecchio inquilino, decisi di ripristinarlo.
“Voglio creare un ambiente gradevole per i pesci!”, mi dissi, “Un luogo dove possano stare bene e vivere serenamente il più a lungo possibile!”
Desideravo che i pesci mi trasmettessero la loro gioia di vivere, mi contagiasseo con la loro esuberante, giocosa, inesauribile spinta vitale.
”Vorrei che siano felici. … Felici? … Ma i pesci, possono essere felici?” “Vedremo!” Mi dissi, e comiciai a lavorare.
Trascorsi un’intera settimana preparando l’alloggio con tutti i confort possibili: il letto di sabbia e ghiaia, i filtri per migliorare l'acqua, le piante di plastica e gli adorni per abbellire l'ambiente: sassi, conchiglie, un tronco cavo in plastica, un’anfora, la statua di Mosè, che volevo si scambiasse per Nettuno, dio del mare.
Finalmente venne il momento di popolare l’acquario.
Comprai quattro pesci variamente assortiti, due di quelli comunemente chiamati “pesci rossi” e due della razza “Oranda cresta rossa”.
I “pesci rossi” sono slanciati, modellati dall'idrodinamica, hanno code piccole e pinne agili, si muovono con guizzi veloci avanti e indietro, sopra e sotto, possono rapidamente cambiare velocità e direzione.
Gli “Oranda cresta rossa”, sono goffi, le loro grandi code ed i corpi corti e tozzi con le imponenti teste non gli rendono facili i movimenti. Sono necessariamente lenti e, apparentemente, più tranquilli.
Arrivato a casa con le mie borse di plastica, le inserii nell'acquario, poco a poco, perché i pesci si ambientassero senza traumi. Lasciai dapprima le borse immerse, per equilibrare la temperatura dell'acqua, poi feci dei piccoli fori nei sacchetti per mescolare le acque ed in fine permisi ai pesci di uscire a visitare il nuovo mondo.
Mi intrattenevo osservandoli nuotare nella vasca, esplorando in lungo ed in largo ogni angolo, nuotare attraverso il tunnel o tra le foglie della pianta di plastica, assaggiare ogni granello di sabbia alla ricerca di qualcosa di commestibile.
A volte si avvicinavano al getto d’acqua del depuratore e sembrava che giocassero con il flusso, resistevano un po’ per poi lasciarsi trascinare via.
Per muoversi, i due Oranda, dovevano sculettare muovendo le loro grosse e morbide code; sembravano barcollare come ubriachi, cercando di arrivare al cibo prima che i veloci “pesci rossi” lo finissero.
Le pareti di vetro mi permettevano di controllare ogni minimo movimento. Quando potevo mi fermavo alcuni minuti in osservazione, quasi ipnotizzato, come capita di fronte ad un fuoco schioppettante, allo scorrere dell’acqua di un torrente od alle nuvole trasportate dal vento.
Chiunque si avvicinasse alla vasca, i pesci gli andavano incontro, si piazzavano nell'angolo più prossimo al nuovo venuto, si accalcavano, si spingevano l'un l'altro per essere in prima fila.
Avevano capito rapidamente che la presenza di una figura umana indicava la comparsa magica del cibo e, appena questo appariva, andavano ad inseguire ogni scaglia di mangime trasportata dalla corrente superficiale della vasca.
Nelle prime ore del pomeriggio quando, nella 'controra', come dicono a Napoli, l'occhio ci si appesantisce fino a socchiudersi in un dolce sopore, anche i pesci sono tranquilli. Si soffermano a pochi centimetri dal fondo, non nuotano e boccheggiano lentamente.
Le code leggere e molli sono lasciate cadere sotto al proprio peso e vengono dolcemente mosse dalla poca corrente della vasca.
Gli occhi, necessariamente aperti non avendo palpebre, sono cosí immobili da sembrare chiusi. In quei momenti mi é capitato di avvicinarmi alla vasca e con mia sorpresa non scatenare la frenetica lotta per posizionarsi in prima fila a richiedere il cibo.
I pesci facevano un riposino, cullati dal lento movimento dell' acqua.
Dopo un paio di settimane uno dei “pesci rossi” iniziò a comportarsi in modo strano, si muoveva poco, non cercava il cibo insieme ai compagni, era svogliato e pigro. Quella tristezza la conoscevo bene per averla vista in altri pesci prima di lui ... ed infatti, dopo qualche giorno il pesciolino morì e poco a poco il suo compagno, ormai solo, cambiò il suo colore e diventò chiaro, di un bianco argenteo.
Il terzetto andò avanti per alcuni anni resistendo anche a vari traslochi, e Mr. White, così lo chiamammo, era sempre più chiaro.
Un giorno decidemmo di trovargli un compagno e, dal negozio di animali portammo a casa un bellissimo pesce rosso con una grossa e morbida coda. Il nuovo pesciolino era di un colore intenso e di una voracità impressionante e questo gli valse il nome del serial killer, ricercato dal protagonista di una serie televisiva: “John il rosso”.
John in poco tempo crebbe come Mr. White ma, con la sua coda, sembrava ancora più grande.
Qualche tempo dopo anche il maggiore dei due Oranda diventò triste e dopo pochi giorni ... morì.
Il piccolo Oranda non sembrò però preoccuparsene troppo, nuotava come sempre cercando anche lui di raggiungere il cibo prima che John e Mr. White lo finissero.
Mr White era il più slanciato ed era sempre il primo a raggiungere le scaglie che facevo cadere dall’alto, era seguito a ruota da John che doveva trascinare la sua imponente coda, poi arrivava il piccolo e goffo Oranda, il più lento dei tre, che giungeva sempre per ultimo ma con tenacia lottava per ogni briciola di alga e per occupare il suo posto nello spigolo dell’acquario più prossimo all’osservatore e, aprendo la bocca ritmicamente, sembrava dicesse: “Ehi voi, guardate che ci sono anche io!”
Come i podisti nei primi momenti della gara, quando il gruppo è ancora compatto, sgomitava e lottava per il suo posto al sole, per nulla intimorito dai due più dotati antagonisti.
Il tempo passava ed il piccolo ed eterogeneo banco di pesci cresceva, si amalgamava e si differenziava.
I suoi componenti passavano dai momenti di pace rilassata, alla esplorazione minuziosa di ogni angolo dell’acquario, alla lotta per essere in prima fila, appena vedevano apparire una forma umana.
Una mattina però, qualcosa cambiò.
Era il principio del mese di marzo, quando entrando nel locale venni sorpreso da una attività frenetica nell’acquario. Nella penombra del mattino non capivo cosa stesse succedendo, si notavano dei movimenti convulsi e si sentiva il rumore dell’acqua ribollire.
Accesi la luce.
I pesci correvano in cerchio all’impazzata; ci misi un po’ a capire cosa stesse accadendo e non era affatto chiaro chi inseguiva chi.
I pesci si muovevano in modo strano, sembrava una lotta.
Improvvisamente Mr. White e John il Rosso avevano preso di mira il piccolo Oranda, lo inseguivano, lo perseguitavano, lo colpivano senza lasciargli un momento di tregua; prima White poi John, poi ancora White ed il piccolo Oranda cercava di sfuggire agli attacchi.
Provai ad interrompere la lotta avvicinandomi alla vasca per attirare la loro attenzione, ma nulla succedeva.
“Che strano! Non si buttano nemmeno verso di me a reclamare il loro cibo!”
Accesi la luce dell’acquario: ancora nulla, l’inseguimento continuava!
Aperto il coperchio buttai delle scaglie di mangime, sulla superficie dell’acqua e, finalmente, si fermarono e cominciarono a mangiare.
Mangiarono però velocemente lasciando appena il tempo all’Oranda, che mangiava in disparte, di ingoiare qualche scaglia, e subito ripresero l’inseguimento.
“Perchè improvvisamente questo gruppo di pesci così miti inizia a lottare? Cosa vogliono? Cos’hanno contro il piccolo e goffo Oranda?”
Non potevo restare a studiarli e confidai che fosse una pazzia momentanea, che sarebbe passata da sola.
Durante il viaggio al lavoro non smettevo però di pensare a cosa stesse accadendo: “Perché proprio ora?”.
“Se non è la lotta per il cibo a spingere i pesci a lottare, deve essere un altro istinto a causare questo improvviso comportamento.”
“Cosa ha la forza di cambiare l’indole pacifica di un animale, e renderlo improvvisamente aggressivo?”
“Gli ormoni!”, pensai, “La primavera, l’epoca degli amori!”
“Ma siamo solo ai primi di marzo, la primavera è ancora lontana! Eppure.”
In realtà non mi ero mai soffermato a considerare il sesso dei pesci dell’acquario perchè nulla li differenzia.
“Sì, certo l’Oranda sopravvissuto è più piccolo del suo compagno scomparso, ma nulla di più …”
“Magari Mr. White è in realtà una Miss. White, o John il Rosso è Giovanna la Rossa. Beh! Un nome niente male! Accattivante! ... o forse l’Oranda è in realtà una Lei?”
“Sì, questa mi sembra l’opzione più probabile. Per questo è più piccola ed era più piccola del suo compagno scomparso!”
“Ora tutto quadra!”.
Improvvisamente tutto acquistava un senso e i pezzi del puzzle si stavano collocando. Internet confermò i miei sospetti.
I “pesci rossi”, quando maturano sessualmente, si riproducono colpendo le femmine all’addome per far loro espellere le uova e fecondarle per primi rilasciando in acqua il proprio seme.
“John e White inseguono la piccola Oranda per colpirla e fecondare per primi le sue uova!” “La inseguono nel piccolo acquario, dove lei non ha modo di scappare e la colpiscono continuamente, con forza, con insistenza!” “La inseguoano … per colpirla all’addome.”
“Normalmente negli acquari il rapporto fra pesci dei due sessi è equilibrato ma qui, quei due pesci grandi e grossi devono contendersi il piccolo, o meglio, la piccola, goffa e lenta Oranda.”
Tornato a casa non sapevo cosa aspettarmi.
Accesi la luce con certa apprensione. C’era una parvenza di pace: John e White nuotavano tranquilli ma l’Oranda non si vedeva.
“Sarà viva?” “Sì, … eccola!”
Guardando meglio la vidi nascosta sotto al filtro dell’acqua, dietro alla statua di Nettuno e la montagna di sassi.
Aveva trovato un luogo sicuro dove rifugiarsi senza che i due energumeni potessero raggiungerla. Loro erano troppo grandi per infilarsi lì sotto.
Li osservai per un po’ ed i due maschi avevano sulle pinne natatorie dei puntini bianchi, segno della maturazione sessuale, come appreso nel web, a conferma ulteriore di quanto avevo dedotto.
“John e White sembrano tranquilli”
Andai a dormire abbastanza sereno pensando che tutto si fosse già risolto.
Il mattino seguente avvicinandomi all’acquario vidi che l’Oranda era ancora nascosta e non sembrava avere nessun desiderio di uscire mentre i due maschi si accalcavano nello spigolo dell’acquario verso di me e quando aprii il coperchio per buttare il cibo salirono in superficie.
Solo allora l’Oranda uscì dal suo nascondiglio, con circospezione, con paura e mantenendosi a distanza di sicurezza dai compagni, andò verso il cibo. Mangiò poco e fece per tornare a nascondersi ma, in quel preciso istante, John e White, interrompendo il pasto, le furono addosso e presero ad inseguirla e colpirla con forza. Solo allora notai che uno dei suoi grandi e sporgenti occhi era gonfio e leggermente tumefatto.
La differenza non era troppo evidente e, sulle prime non l’avevo notata.
“Vai piccola! Scappa nel tuo rifugio!” dissi. La Oranda riuscì ad infilarsi nella sua grotta e mettersi al sicuro.
Rimaneva lì immobile, sul fondo, respirava velocemente, come dicendo: “Anche questa volta ce l’ho fatta!”
La sua spavalderia era scomparsa, in pochi giorni il suo carattere era cambiato.
Prima usciva gioiosa con gli altri alla ricerca del cibo, nuotava in compagnia, lottava per essere visibile, certamente più lenta e più piccola ma non per questo intimorita.
“Quante botte hai preso senza che me ne rendessi conto?”
Il suo umore ricordava così tanto l’apatia dei suoi compagni, che anticipava di poco la loro morte. Decisi che dovevo aiutarla, volevo almeno provarci.
Alla sera notai che l’occhio era sempre più gonfio e più scuro.
“E’ certamente conseguenza dei colpi ricevuti! Forse l’hanno spinta contro uno spigolo del depuratore.”
Per proteggerla la misi temporaneamente in una nursery.
La nursery è una vasca di plexiglas galleggiante che si inserisce nell’acquario, dentro ci sta la madre e sotto, protetti da una grata le uova fecondate e poi i pesciolini.
La vasca era così angusta ed ingombrante nell’acquario che desideravo solo di potermene liberare il prima possibile.
L’occhio era sempre più gonfio e sempre più scuro ed il pesciolino sempre più immobile.
“Temo che non durerà molto!”, mi dicevo.
Passarono due o tre giorni e poco a poco Mr. White e John sembravano più tranquilli così decisi di provare a liberare la Oranda con in suo enorme occhio tumefatto per vedere cosa succedeva.
Il pesciolino si diresse subito al suo rifugio tra l’indifferenza dei suoi due compagni. Tutta la frenesia era scomparsa ma lei portava dentro i segni di tanta violenza subita e non si fidava più.
“Forse, se l’occhio si cura tornerà ad essere quella di prima!” pensavo, cercando di consolarmi.
Andai a dormire.
Il mattino seguente quando arrivai all’acquario tutto era tranquillo.
Buttai il mangime e dopo White e John arrivò anche lei, la piccola Oranda, con calma e circospezione.
Solo quando si girò mi resi conto che non c’era più quella palla scura che era diventata il suo occhio. Al suo posto era rimasta un piccolo avvalamento ed una cicatrice. Dell’occhio non c’era più nemmeno l’ombra.
“Povera!” pensai, “Un pesce con un occhio solo, come Polifemo!
Potrei chiamarla Polifema? … No, Polly è più carino! ”
Fu cosí che decisi di chiamarla Polly, diminutivo di Polifema, la pesciolina con un occhio solo.
Del suo occhio non restò traccia nemmeno quando ripulii l’acquario.
Polly visse con noi, White, John e me, ancora qualche mese, forse un anno, poi diventò triste, come i suoi amici del passato e ci lasciò.
Non ritorno più ad essere la gioiosa e spavalda pesciolina che avevo conosciuto, portando dentro, e fuori, le cicatrici che la vita le aveva regalato.